Lo scopo di questo progetto è salvare un affresco dimenticato, situato nel cuore del nostro rione.
Quando ho iniziato a cercare materiale sulla storia di questo affresco, ho scoperto che non solo si riferisce al romanzo Promessi sposi, ma si riferisce anche alla storia del Lazzaretto di Milano, che non esiste più.
Questo affresco si trova nel territorio dell’oratorio di San Giuseppe e fa parte dell’ex altare della chiesa. Guardando l’affresco si nota la figura di San Carlo fra i moribondi del Lazzaretto milanese. Sullo sfondo si possono vedere il Duomo di Milano e la Chiesa di San Carlo al Lazzaretto (all’inizio della ricerca erroneamente individuata nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie).
Del Lazzaretto per gli appestati ne parla Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. E’ il monumento principale del romanzo. Oggi non c’è più; fu demolito nel 1882.
Fra una peste e l’altra, il Lazzaretto veniva usato come luogo di ricovero per i poveri ammalati durante tre epidemie: Prima epidemia del 1524- 1529, seconda del 1576-1578, chiamata la peste di San Carlo e terza del 1629-1631, chiamata la peste del Manzoni descritta nel suo romanzo “I Promessi Sposi”.
Il lazzaretto e la chiesa di san carlo al lazzaretto
La storia del Lazzaretto di Milano inizia verso la metà del Quattrocento, quando due banchieri milanesi, Cairati e Palazzi, decisero di finanziare la costruzione di un edificio che fosse adatto ad ospitare i malati più gravi, come i lebbrosi o quelli che si ammalavano di peste.
Esisteva il serio problema della fuga degli appestati dai luoghi di ricovero, con gravissimi rischi per la salute pubblica. C’era necessità di trovare un luogo unico, sufficientemente ampio, che potesse garantire sicurezza contro le fughe.
Nel 1488-1489 venne iniziata la costruzione dell’edificio, fuori dalle mura, su una vasta area (378 x 370 metri, 288 stanze) vicino a Porta Venezia.
Nel 1513 i lavori non erano ancora conclusi. Il Lazzaretto ebbe il ‘battesimo del fuoco’, in occasione delle prima grossa epidemia del 1524- 1529, passata alla storia come la peste di Carlo V. Mostrò, già in quell’occasione, i suoi limiti nell’accoglienza degli appestati.
Nel 1629, lo scoppio di una terribile carestia in città, portò ad un aumento della povertà fra la popolazione, al crollo delle difese immunitarie fra i meno abbienti e alla crescita a dismisura del numero di ricoveri al Lazzaretto.
Ecco come descrive Alessandro Manzoni il Lazzaretto Nei Promessi Sposi:
«Il lazzeretto di Milano (se, per caso, questa storia capitasse nelle mani di qualcheduno che non lo conoscesse, né di vista né per descrizione) è un recinto quadrilatero e quasi quadrato, fuori della città, a sinistra della porta detta orientale, distante dalle mura lo spazio della fossa, d’una strada di circonvallazione, e d’una gora che gira il recinto medesimo. I due lati maggiori son lunghi a un di presso cinquecento passi; gli altri due, forse quindici meno; tutti, dalla parte esterna, son divisi in piccole stanze d’un piano solo; di dentro gira intorno a tre di essi un portico continuo a volta, sostenuto da piccole e magre colonne.
Le stanzine eran dugent’ottantotto, o giù di lì: a’ nostri giorni, una grande apertura fatta nel mezzo, e una piccola, in un canto della facciata del lato che costeggia la strada maestra, ne hanno portate via non so quante. Al tempo della nostra storia, non c’eran che due entrature; una nel mezzo del lato che guarda le mura della città, l’altra di rimpetto, nell’opposto. Nel centro dello spazio interno, c’era, e c’è tutt’ora, una piccola chiesa ottangolare.
La prima destinazione di tutto l’edifizio, cominciato nell’anno 1489, co’ danari d’un lascito privato, continuato poi con quelli del pubblico e d’altri testatori e donatori, fu, come l’accenna il nome stesso, di ricoverarvi, all’occorrenza, gli ammalati di peste; la quale, già molto prima di quell’epoca, era solita, e lo fu per molto tempo dopo, a comparire quelle due, quattro, sei, otto volte per secolo, ora in questo, ora in quel paese d’Europa, prendendone talvolta una gran parte, o anche scorrendola tutta, per il lungo e per il largo. Nel momento di cui parliamo, il lazzeretto non serviva che per deposito delle mercanzie soggette a contumacia.
I Promessi Sposi, capitolo 28»
Per approfondimenti della storia del Lazzaretto che non esiste più, vi invitiamo a leggere il libro dell’architetto Luca Beltrami “Il Lazzaretto di Milano” scritto nel 1899.
Se torniamo alla nostra storia dell’affresco dell’oratorio di Laorca, osservando la chiesa sullo sfondo, con difficoltà si trova corrispondenza con l’attuale chiesa di San Carlo al Lazzaretto. L’attuale edificio infatti presenta un cupolino sommitale in chiave alla cupola, che non è presente in questo dipinto. La cupola originale fu demolita nel 1797 dai francesi che misero al suo posto una grande fiamma, simbolo dell’amore di patria. La ricostruzione della cupola, l’aggiunta di un corpo per la sagrestia e di un cupolino avvenne nel 1884 ad opera dell’Ing. Luigi Robecchi su commissione della parrocchia di Santa Francesca romana.
Si può quindi ben comprendere che il “nostro” affresco venne realizzato in un’epoca tra la fine del cinquecento e il 1797.
È sorprendente che questo dipinto dimenticato attraversa eventi storici così grandiosi, riflessi nella letteratura italiana, e richiami alla mente i monumenti architettonici distrutti.
È necessario trovare le forze e i fondi per restaurare questo bellissimo affresco, proteggerlo dalle distruzioni naturali e offrire al pubblico la possibilità di ammirarlo per molti anni.
Referente: Assia Aizenberg
BIBLIOGRAFIA
- Beltrami Luca “Il Lazzaretto di Milano” – 1989
- Manzoni Alessandro “I Promessi Sposi” – 1827
- Angelo Borghi, Mauro Lanfranchi “Lecco terzo millenio” – 2002
- Sito web “Comunita’ Pastorale Beati Giovanni Mazzucconi e Luigi Monza” – l’archivio storico (le pagine di don Lauro Consonni)
- Sito blog “Il Curiosone”
- Sito web “Lombardiabeniculturali” – sezione “Archivi Storici” (http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/)
- Sito web “Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto e Servizio Informatico della Conferenza Episcopale Italiana” (http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it)

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